In un mare di significati, arriva, prima o poi, la tempesta. Ma qual è la condizione “naturale” del mare? Quella calma o quella tempestosa?

Dati i significati, quando è sorto il primo “perché?” Ed ha senso chiedersi perché è sorto?

È il ritorno del caos che piomba su ciò che significa a farci chiedere “Perché accade ciò (il caos)? E poi subito dopo “Perché quest’altro significa(va) così?”.

È la crisi di ciò che è dato significare che ci fa interrogare prima sulla sua distruzione o cambiamento, e poi sul significato stesso?

Forse è il dolore a farci porre la domanda metafisica? Scopriamo la dimensione trascendentale quando la narrazione viene “urtata”?

Tutto questo è tipicamente umano, tipicamente cosciente.

La coscienza reclama sempre un dio, in sua assenza a cosa può rivolgersi per trovare soddisfazione?